L’attrice protagonista del biopic “Duse”, in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, racconta il suo metodo unico per entrare nei personaggi. Il film sarà in sala dal 18 settembre con PiperFilm.
Valeria Bruni Tedeschi e il suo personaggio
“Lavoro spesso con il personaggio come se fosse una persona incontrata su un treno, della quale divento subito amica… e che alla fine mi vuole anche un po’ di bene”. Così Valeria Bruni Tedeschi descrive il suo intimo e originale approccio alla recitazione, durante la presentazione di “Duse”, il nuovo film di Pietro Marcello in concorso alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Un ritratto potente e crepuscolare di Eleonora Duse, icona teatrale di fine Ottocento, colta nella fase finale della sua carriera: un periodo segnato dalla malattia, dalla solitudine, ma anche da un disperato bisogno di tornare in scena. La pellicola sarà distribuita nelle sale italiane a partire dal 18 settembre da PiperFilm.
Un personaggio ottocentesco nel cuore del Novecento
“Sono sempre stato affascinato dai personaggi in rivolta», racconta Pietro Marcello, regista di opere come Martin Eden. «Dal soggetto ho subito pensato a Valeria Bruni Tedeschi. Quello che volevo raccontare della Duse era il suo spirito: una donna ottocentesca che si affaccia sul Novecento, un tempo come quello di oggi, segnato dall’ignavia, in cui tutto è permesso e niente è vero”. Marcello sceglie così di esplorare il “tramonto” dell’artista, incrociando i momenti più bui della sua esistenza con i grandi cambiamenti storici in atto, dalla Grande Guerra all’ascesa del fascismo.
Il legame con l’Actors Studio
Bruni Tedeschi rivela anche un aneddoto personale: «Quando ero giovane avevo una coach che seguiva il metodo Strasberg e ci parlava moltissimo della Duse. All’Actors Studio avevano una sua enorme foto. Lee Strasberg la adorava: era convinto che usasse il suo metodo… senza saperlo».
Una connessione ideale, quella tra la Duse e il metodo Stanislavskij-Strasberg, che rende l’interpretazione di Bruni Tedeschi ancora più significativa, carica di memoria teatrale e di rispetto verso una delle figure più rivoluzionarie del teatro moderno.