Father Mother Sister Brother, l’ultimo film di Jim Jarmusch presentato in concorso alla 82ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (31 agosto 2025), è un’opera antologica strutturata in tre segmenti distinti ambientati rispettivamente nel Nord‑Est degli Stati Uniti, a Dublino e a Parigi.

Struttura e Tematiche

Il film è costruito come un trittico che mette in scena relazioni familiari segnate dalla lontananza e dal silenzio. In apertura, due fratelli (Adam Driver e Mayim Bialik) incontrano il padre eccentricamente ritratto da Tom Waits in una casa che tradisce riti e bisogno d’aiuto.

Segue il capitolo di Dublino, dove due sorelle – interpretate da Cate Blanchett e Vicky Krieps – affrontano una visita annuale a un’autrice (Charlotte Rampling) che incarna autorità, indifferenza e un’eleganza rituale sospesa.

Il terzo episodio, ambientato a Parigi, riunisce due gemelli (Indya Moore e Luka Sabbat) nella casa dei genitori defunti. Tra fotografie, stanze silenziose e ricordi, emergono fragilità e complicità sospese tra lumbra e intimità.

Stile e Atmosfera

Jarmusch costruisce un cinema sobrio, poetico e riflessivo: dialoghi rarefatti, pause dense di tensione, silenzi carichi di senso. Oggetti ricorrenti – come Rolex autentici o falsi, skater al rallentatore, tè o acqua –, tessono un filo simbolico tra i capitoli, suggerendo il tempo che non scorre ma si ripete in gesti rituali.

La regia è asciutta e controllata, sostenuta da una fotografia misurata (Frederick Elmes, Yorick Le Saux) e un montaggio pensato (Affonso Gonçalves), che trasformano dettagli minimi in fermenti emotivi.

Interpretazioni

Gli attori – un cast corale di prim’ordine – incarnano con delicatezza e imbarazzo silenzioso figure che sanno molto del dolore e poco della verità. L’ironia, rarefatta e gentile, si mescola con una malinconia che smuove, senza necessità di drammi eclatanti.

Impressione Generale

Il film accolto con ammirazione per la sua delicatezza e la capacità di rappresentare la famiglia come luogo di mistero, non di risposte. È una riflessione sul tempo, sui legami e sull’incomunicabilità, raccontata con ironia sottile, sospensione poetica e un realismo quasi documentaristico.