Il presidente Angelo Mastrolia racconta la visione di NewPrinces dopo l’acquisizione di Carrefour Italia: rilancio, lavoratori e filiera locale.

L’acquisizione di Carrefour Italia da parte del gruppo NewPrinces, guidato da Angelo Mastrolia, rappresenta un passaggio strategico chiave nel mondo della grande distribuzione. In questa intervista, il presidente condivide la visione che ha ispirato l’operazione, gli obiettivi futuri, il ruolo delle filiere locali e la centralità del lavoro. Con il rilancio del marchio GS e un piano chiaro per la rete dei punti vendita, si delinea una nuova fase per il retail italiano.

la strategia

Il giorno dopo l’acquisizione, il titolo del vostro gruppo è sceso in Borsa. Come interpreta questa reazione da parte dei mercati? Pensa si tratti di sfiducia o di prudenza?

No, credo sia stata una reazione legata a una mancata comprensione immediata dell’operazione. Spesso, davanti a notizie importanti, i mercati reagiscono a caldo, specialmente quando si è troppo concentrati sull’Excel e si perde di vista la visione strategica. Consideri che il nostro titolo era cresciuto del 20% nelle due settimane precedenti: in quei casi, chi ha guadagnato tende a vendere subito per consolidare i profitti. Ma oggi, infatti, il titolo è in forte rialzo: segno che il mercato sta capendo il valore dell’acquisizione.

Quando nasce il vostro interesse per il gruppo Carrefour?

E’ nato un mese e mezzo fa e l’operazione stata chiusa in un mese.

Qual è stata la visione strategica che ha guidato l’acquisizione dei punti vendita Carrefour?

Noi crediamo da sempre che più una supply chain – cioè tutta la filiera del valore – riesce ad arrivare direttamente al consumatore, meglio è. Mi sono ispirato, in parte, a modelli come Luxottica: produrre, costruire un’offerta forte e poi gestire direttamente la relazione col cliente. È una visione che ci guida da tempo.

Quanto ha inciso la prossimità territoriale dei punti vendita nella scelta?

Il fatto che la rete sia concentrata nel Nord Italia ci ha dato grande fiducia. Sono aree con potenziale, che si prestano a una crescita sostenibile e redditizia. È stato un elemento importante nella valutazione.

Ci saranno cambiamenti per i lavoratori coinvolti?

Nessuno, anzi: vogliamo assorbire i lavoratori coinvolti nella mobilità avviata da Carrefour. Stiamo valutando la possibilità di reinserire molte persone che erano state coinvolte da processi di riduzione. In Italia, negli ultimi sei mesi, abbiamo assunto oltre 300 persone: abbiamo bisogno di risorse e vogliamo valorizzarle.

E per i punti vendita in franchising, come gli “Express” o “Market? Verranno mantenuti?

Sì, certamente. Incontrerò personalmente tutti i franchisee nei prossimi giorni. La nostra idea è rafforzare la rete e collaborare con i partner più validi per nuove aperture in tempi rapidi. Puntiamo a uno sviluppo forte e condiviso.

Prevedete di coinvolgere produttori locali e filiere territoriali?

Assolutamente. Le porte sono aperte. Chi ha prodotti di qualità – soprattutto italiani – potrà proporli. Ma attenzione: chi vuole collaborare con noi deve anche assumersi responsabilità. Il mio ideale di partner, con i produttori locali e non locali è quello di condividere l’obiettivo che vogliamo raggiungere e offrire quelle soluzioni che possano creare volumi e margini per tutti, per coprire i nostri costi di gestione, ma anche favorire lo sviluppo dei vari brand. Offriamo visibilità, spazio, supporto commerciale, ma serve una visione comune. Se qualcuno pensa di entrare solo perché è “filiera italiana”, senza investire in comunicazione o qualità, non funzionerà. Il mercato oggi è molto selettivo.

Il livello del servizio Carrefour è calato negli ultimi anni. Agirete subito su questo fronte?

Sì. Il servizio e l’offerta saranno le prime aree di intervento. Ma, ripeto, ogni partner deve essere parte attiva. Non possiamo accollarci tutto il rischio da soli.

Secondo lei, il modello del supermercato classico sarà ancora sostenibile nei prossimi dieci anni?

Sì, ma va evoluto. In altri Paesi, come il Regno Unito, i piccoli format come gli “Express” sono diventati molto forti grazie a un’offerta semplice, chiara, standardizzata. Carrefour Express è un format con un grande potenziale, ma va uniformato per rispondere alle esigenze dei clienti. Pensi a McDonald’s: è riuscito a costruire un’offerta riconoscibile e coerente, e ha avuto successo. E’ riuscito a dare dei buoni prodotti riconoscibili dei consumatori ma molto standardizzati. Dobbiamo fare lo stesso nel retail.

Ha annunciato il rilancio del marchio GS. È solo un omaggio alla storia o un pilastro della nuova strategia?

GS è un simbolo della grande distribuzione italiana. È nato qui, è cresciuto qui. Fino a 15 anni fa era ancora molto riconoscibile. Con l’arrivo del brand Carrefour, il nome è stato messo da parte. Ma noi siamo italiani, ed è giusto rilanciarlo. Crediamo ci sia spazio per rilanciarlo con forza, anche per dare nuova linfa al brand.

A livello personale, cosa rappresenta per lei questa operazione?

Per noi significa rafforzare una visione. Ci eravamo dati un obiettivo: raggiungere i 5 miliardi di fatturato entro il 2030, e ora lo abbiamo superato. Con questa acquisizione, siamo più vicini e più forti. È una grande responsabilità, ma anche una grande opportunità.

Cambierete anche la dirigenza Carrefour?

Non necessariamente. Le faccio un esempio: Monte dei Paschi di Siena, pochi anni fa, era considerata una banca da svendere, al punto che si ipotizzava una cessione a Unicredit. Eppure, il management non è stato cambiato. Oggi MPS è tornata ad essere una banca altamente performante: ha lanciato un’OPA significativa e si prepara a diventare uno dei maggiori gruppi bancari europei grazie all’integrazione con Mediobanca. A volte basta una guida diversa, una visione. Non servono rivoluzioni.

Che insegnamento si porta a casa da questa esperienza?

Abbiamo acquisito la capacità di dialogare con grandi multinazionali. In meno di un anno abbiamo chiuso operazioni con Mitsubishi, Diageo, Heinz Kraft, e persino acquisito un edificio simbolo di Liverpool, il Royal Liver Building. Non è solo questione di capitali: è saper parlare la stessa lingua delle grandi aziende globali. E noi, pur essendo una “piccola multinazionale italiana”, sappiamo farlo.

Cosa cambierà a livello di assortimento nei punti vendita?

Rivaluteremo tutta la logica del posizionamento a scaffale. Non vogliamo stravolgere, ma migliorare. Ogni scelta sarà guidata dalla coerenza con le nuove esigenze del cliente.

Se lei dovesse descrivere l’identità futura del gruppo in tre parole, dopo questa acquisizione, quali sceglierebbe?

Dinamico, creatore di valore, aperto al futuro. Abbiamo già diviso il gruppo in settori: Princess Limited seguirà tutto il comparto food, incluse le attività italiane. Il nostro obiettivo è diventare aggregatori di business, anche complementari.

È confermato che il marchio Carrefour resterà per tre anni e poi sarà sostituito da GS?

Sì, è quanto previsto dalla licenza. Ma stiamo valutando di anticipare il passaggio.

Cosa direbbe oggi ai 15.000 dipendenti e ai franchisee coinvolti?

Che la nostra intenzione è tornare a crescere. Lavoratori e franchisee sono parte integrante del progetto. Abbiamo già assunto oltre 300 persone solo negli ultimi tre mesi, e le nostre fabbriche sono piene. Vogliamo costruire insieme un futuro solido e sostenibile.

L’appuntamento con Angelo Mastrolia non finisce qui. Nel mese di ottobre lo incontreremo nuovamente per un’intervista esclusiva, a tutto campo, che sarà pubblicata sulla nostra rivista cartacea. Un’occasione per conoscere non solo l’imprenditore, ma anche l’uomo dietro la visione.

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