Boicottaggio del cinema israeliano: nasce un appello globale

Più di 1.500 tra attori, registi e professionisti del settore cinematografico hanno firmato una lettera aperta pubblicata sul Guardian per annunciare un boicottaggio delle istituzioni cinematografiche israeliane. I firmatari, tra cui Olivia Colman, Javier Bardem, Mark Ruffalo, Tilda Swinton, Ayo Edebiri e Yorgos Lanthimos, accusano lo Stato di Israele di essere coinvolto nel genocidio del popolo palestinese a Gaza.

Le motivazioni dietro l’iniziativa

Nella lettera si legge un chiaro messaggio di denuncia:

“In questo momento di crisi, in cui molti dei nostri governi stanno permettendo la carneficina a Gaza, dobbiamo fare tutto il possibile per rispondere a questa complicità”.

L’iniziativa è promossa dal gruppo Film Workers for Palestine, che richiama un precedente storico: negli anni ’80, registi come Jonathan Demme e Martin Scorsese si rifiutarono di proiettare i loro film nel Sudafrica dell’apartheid, con il collettivo Filmmakers United Against Apartheid.

L’impegno degli artisti

I firmatari dell’appello si sono impegnati a:

  • Non partecipare a festival finanziati dallo Stato di Israele.
  • Non collaborare con case di produzione israeliane.
  • Rifiutare la distribuzione dei propri film in emittenti o strutture collegate a istituzioni accusate di giustificare il genocidio e l’apartheid.

l contesto: Venezia e il caso Hind Rajab

La lettera è arrivata pochi giorni dopo il Festival del Cinema di Venezia 2025, dove la regista tunisina Kaouther Ben Hania ha ricevuto il Leone d’argento per il film The Voice of Hind Rajab. La pellicola racconta la tragica storia della bambina palestinese di 5 anni, Hind Rajab, uccisa insieme alla sua famiglia durante un attacco dell’esercito israeliano a Gaza nel gennaio 2024, mentre era al telefono con i soccorritori della Mezzaluna Rossa.


Conclusione

Il boicottaggio del cinema israeliano rappresenta una delle più forti prese di posizione del mondo dello spettacolo internazionale rispetto al conflitto israelo-palestinese. Mentre il dibattito si accende, questo appello segna un punto di svolta nell’intersezione tra arte, etica e politica.