Con la sua presenza attesa all’82ª edizione della Mostra del Cinema di Venezia, Al Pacino torna a calcare il red carpet del Lido, rafforzando un rapporto profondo e duraturo con la kermesse veneziana. Un legame che ha attraversato decenni, tra premi alla carriera, film in concorso e momenti di autentica celebrazione del suo talento senza tempo.

1994 – Il Leone d’oro alla carriera

Il primo grande tributo veneziano ad Al Pacino arriva nel 1994, alla 51ª Mostra. In quell’occasione, l’attore riceve il Leone d’oro alla carriera, entrando ufficialmente nell’Olimpo degli immortali del cinema. Un riconoscimento che celebrava non solo l’intensità drammatica delle sue interpretazioni — da Serpico a Il padrino, da Scarface a Profumo di donna — ma anche il suo ruolo centrale nella ridefinizione del concetto di attore contemporaneo.

Scarface

2011 – “Wilde Salomé” e il ritorno da autore

A distanza di quasi due decenni, Pacino torna a Venezia nel 2011, stavolta nelle vesti di autore. Alla 68ª edizione presenta Wilde Salomé, film ibrido tra documentario e fiction, ispirato all’opera teatrale di Oscar Wilde. Oltre a dirigere e interpretare, condivide la scena con una giovane e magnetica Jessica Chastain.

La Mostra lo omaggia con il “Glory to the Filmmaker Award”, riservato alle personalità che hanno segnato il cinema contemporaneo. La proiezione viene accolta con lunghi applausi e un entusiasmo quasi teatrale. In un’atmosfera densa di rispetto e affetto, Pacino si conferma artista poliedrico e intellettualmente curioso. Wilde Salomé conquista anche il Queer Lion, come miglior film a tematica queer della Mostra.

Wilde Salomé

2014 – Una doppietta da protagonista

Il 2014 segna forse il momento più eclatante della sua relazione con Venezia. Alla 71ª edizione, Al Pacino si presenta con due film: Manglehorn di David Gordon Green, in concorso, e The Humbling di Barry Levinson, fuori concorso.

Nel primo veste i panni di un fabbro solitario e malinconico, in una prova attoriale sottile e toccante. Nel secondo interpreta Simon Axler, un attore in crisi esistenziale tratto dal romanzo di Philip Roth, in un ruolo speculare e fortemente meta-cinematografico.

Il suo arrivo al Lido è accolto da un bagno di folla. Flash, selfie, autografi, applausi: l’icona è ancora una volta al centro della scena, tra i volti più amati e rispettati dal pubblico italiano. In conferenza stampa si mostra ironico, riflessivo e visibilmente grato, confermando un rapporto speciale con la Mostra e con il cinema d’autore.

Manglehorn

Un legame che resiste al tempo

In oltre trent’anni di incontri, Al Pacino ha attraversato ruoli, generi e stagioni artistiche. Dalla consacrazione con il Leone d’oro alla carriera, passando per l’ambizione registica di Wilde Salomé, fino alla maturità interpretativa dei film del 2014, la Mostra ha spesso fatto da specchio alla sua evoluzione personale e professionale.

Il suo ritorno all’82ª edizione si preannuncia come l’ennesimo capitolo di una storia d’amore lunga e sincera tra uno degli attori più iconici del Novecento e uno dei festival più prestigiosi al mondo.

Al Pacino e i fan: un amore autentico, lontano dalla scena

Tra le tante qualità che hanno reso Al Pacino una leggenda vivente del cinema, una delle più sorprendenti — e forse meno celebrate — è la sua disponibilità fuori dal set. A differenza di molte altre star della sua generazione, spesso protette da entourage impenetrabili, Pacino ha sempre mantenuto un rapporto diretto, quasi affettuoso, con il suo pubblico.

Lo si è visto chiaramente anche nelle sue apparizioni alla Mostra di Venezia. Che fosse sul red carpet, all’uscita dagli hotel o davanti alle transenne dopo una proiezione, Pacino non ha mai negato un sorriso, un autografo o una parola gentile, anche dopo ore di eventi ufficiali. La sua disponibilità con i fan non è mai sembrata costruita, ma autenticamente parte del suo carattere: quello di un uomo che, pur avendo vissuto nell’olimpo di Hollywood, non ha mai perso il contatto con chi ha reso possibile il suo mito.

Mi sento sempre grato per l’affetto che ricevo. Cerco di non darlo mai per scontato,” ha detto una volta in conferenza stampa. E i fan italiani, calorosi e appassionati, questo lo hanno sempre percepito.

Nel mondo dello spettacolo, dove la distanza tra celebrità e pubblico sembra farsi ogni anno più ampia, Al Pacino rappresenta un’eccezione rara: quella di una star che non ha mai smesso di essere, prima di tutto, un uomo vicino alla gente.

Il Padrino

Al Pacino e gli Oscar: un solo premio per una carriera leggendaria

Nonostante una carriera costellata di interpretazioni memorabili, Al Pacino ha vinto un solo Oscar, nel 1993, come miglior attore protagonista per Scent of a Woman (Profumo di donna). Un riconoscimento arrivato quasi come un “risarcimento” tardivo dopo sette nomination andate a vuoto tra gli anni ’70 e ’80.

Tra i ruoli candidati senza vittoria:

  • Michael Corleone ne Il padrino (1972) e Il padrino – Parte II (1974)
  • Frank Serpico in Serpico (1973)
  • Sonny in Quel pomeriggio di un giorno da cani (1975)
  • Tony Montana in Scarface (non candidato, ma oggi considerato uno dei grandi esclusi)
  • Big Boy Caprice in Dick Tracy (1990)

Una lunga lista di performance iconiche che non sono riuscite a conquistare l’Academy, spesso a causa di fortissima concorrenza o scelte discutibili dei giurati. Paradossalmente, Pacino è diventato leggenda più per ciò che non ha vinto che per ciò che ha vinto.

Ma il pubblico e la critica lo hanno sempre saputo: Oscar o no, Al Pacino è e resta uno dei più grandi attori di tutti i tempi.

Scent of a Woman – Profumo di donna

Serpico

Il rapporto tra Alberto Barbera e Al Pacino: tra visione artistica e celebrazione dell’icona

Quando Alberto Barbera ha ricoperto per la prima volta il ruolo di direttore artistico della Mostra dal 1998 al 2001, ha innescato una stagione di rinnovamento, ponendo le basi per rendere il festival un ponte tra il cinema d’autore e Hollywood. Il suo ritorno nel 2012 ha segnato l’inizio di un’era nuova: Venezia è diventata un laboratorio internazionale capace di attrarre stelle come Al Pacino, ma anche di esplorare nuove narrazioni e talenti emergenti.

È proprio sotto la sua direzione che la Mostra ha accolto momenti memorabili del legame con Pacino: come la cerimonia del Leone d’oro alla carriera nel 1994, preludio a successive grandi presenze come Wilde Salomé (2011) e il doppio film Manglehorn e The Humbling (2014). Barbera ha così saputo dare nuovo slancio a una carriera già leggendaria, offrendo a Pacino non solo un palcoscenico internazionale ma una testimonianza del suo continuo vigore artistico.

Oggi, il ritorno di Pacino all’82ª Mostra (in programma prossimamente) assume il significato di un incontro tra due personalità straordinarie: un regista che da anni definisce la cifra culturale del Lido e un attore che, con la sua presenza, arricchisce di storia e carisma ogni edizione. Barbera, con lungimiranza e passione, ha creato una cornice in cui la celebrità riesce a dialogare a pieno titolo con il cinema d’autore, mentre Pacino trova a Venezia uno spazio dove il suo mito viene continuamente rinverdito e riconosciuto.

Quel pomeriggio di un giorno da cani

Rischio a Due

Ogni maledetta domenica