Il film Orphan di László Nemes, in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 82, si presenta come una profonda esplorazione delle ferite lasciate dalla storia sul destino delle famiglie ebree dell’Europa dell’Est.

Il contesto storico di Orphan: Budapest dopo la Rivoluzione Ungherese

Ambientato a Budapest nel 1957, un anno dopo il fallimento della Rivoluzione Ungherese, Orphan segue la storia di un giovane ragazzo ebreo cresciuto dalla madre con la speranza che il padre, deportato nei campi di concentramento, tornerà presto. Questo fragile equilibrio emotivo viene però brutalmente spezzato dall’arrivo di uno straniero minaccioso alla loro porta, pronto a riportare la famiglia indietro, verso un passato doloroso e irrisolto.

La trama di Orphan: speranza, perdita e memoria

Il film esplora con profondità la disperazione, la perdita e le cicatrici indelebili che la guerra e le sue conseguenze hanno lasciato sulle famiglie ebree dell’Europa dell’Est. Attraverso lo sguardo innocente ma tormentato del bambino, Orphan mette a fuoco il tema della speranza infranta, della memoria collettiva e del difficile processo di ricostruzione identitaria in un contesto storico segnato da repressioni politiche e traumi personali.

László Nemes

La regia di László Nemes, celebre per la sua capacità di immergere lo spettatore in atmosfere dense e suggestive, accompagna lo spettatore in un viaggio emotivo che unisce la tensione di un thriller psicologico al racconto intimista di una famiglia spezzata.

László Nemes: il regista dietro Orphan e maestro del cinema storico-intimistico

László Nemes, nato a Budapest nel 1977, è uno dei registi contemporanei più apprezzati a livello internazionale per la sua capacità di unire storie personali a contesti storici complessi. Dopo aver studiato cinema a New York e a Budapest, Nemes ha raggiunto la fama mondiale con il suo primo lungometraggio, Son of Saul (2015), vincitore del Grand Prix a Cannes e dell’Oscar per il miglior film straniero.

La sua cifra stilistica si caratterizza per un’attenzione estrema ai dettagli visivi e sonori, un montaggio serrato e l’uso di inquadrature ravvicinate che immergono lo spettatore nell’esperienza emotiva dei personaggi. Con Sunset (2018), Nemes ha confermato il suo talento nel raccontare storie ambientate nella sua città natale, esplorando temi come l’identità, la memoria e le tensioni sociali.

Con Orphan, Nemes prosegue questo percorso, affrontando il delicato tema della memoria post-bellica in Ungheria attraverso gli occhi di un bambino, portando ancora una volta sullo schermo una narrazione potente e suggestiva, capace di unire la dimensione storica a un’intensa introspezione psicologica.


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