Con l’escalation militare in atto in tutto il mondo è sempre più frequente sentire parlare del ripristino della leva militare obbligatoria. In effetti, nel nostro Paese, con la legge n. 226 del 23 agosto 2004 la leva obbligatoria non fu abolita del tutto ma semplicemente sospesa.

1915-2025: quando fu approvata la riforma dell’obiezione di coscienza?

Ancor prima di tale provvedimento, nel 1998 era stata approvata, dopo un travagliato iter parlamentare, la riforma
che disciplinava l’obiezione di coscienza in modo tale da garantire un servizio civile «diverso per natura e autonomo dal servizio militare». Tuttavia, fu solo con l’istituzione della Difesa su base professionale, a decorrere dal 1° gennaio 2005, che si pose definitivamente fine in Italia alla questione riguardante l’obiezione di coscienza al servizio militare.

Nel 2022, in occasione del cinquantenario della prima legge che nel 1972 introdusse – pur se in modo non del tutto soddisfacente – il riconoscimento di quello che è stato definito il «nobile rifiuto» 1 , molto si è detto e scritto nel corso di convegni, incontri, manifestazioni sull’obiezione di coscienza nell’Italia repubblicana. Meno rivisitata è stata la questione dell’obiezione durante gli anni della Prima Guerra Mondiale, che ha avuto alcuni suoi protagonisti antesignani in nativi delle
Valli Valdesi.

Marco Labbate

Marco Labbate, assegnista di storia contemporanea dell’Università di Urbino, nel 2022 coordinatore scientifico presso il Centro Studi Sereno Regis del progetto “Signornò. Torino città protagonista della storia dell’obiezione di coscienza in Italia”, nel suo recente libro Non un uomo né un soldo. Obiezione di coscienza e servizio civile a Torino, ha tracciato le origini antesignane del fenomeno:

Avevano rifiutato di imbracciare il fucile, quando il conflitto era iniziato. Allora non possedevano nemmeno un’espressione per denominare il loro gesto, perché lo stesso termine ‘obiezione di coscienza era pressoché
sconosciuto. Due venivano dalla provincia di Torino. Uno era Remigio Cuminetti, metalmeccanico, nato nei pressi di
Pinerolo, era un testimone di Geova, il gruppo che in assoluto avrebbe dato il contributo più alto, in termini numerici,
all’obiezione di coscienza italiana. Il secondo, Alberto Long, avventista di Torre Pellice, avrebbe invece trovato le parole
per raccontare la sua vicenda solo molti anni più tardi, in una memoria dattiloscritta dedicata ai nipotini, composta alla
fine degli anni Settanta, quando gli obiettori erano ormai riconosciuti dalla legge
” 2 .

Marco Labbate è autore di due libri sul tema dell’obiezione di coscienza. Prima di quello summenzionato aveva già scritto Un’altra patria. L’obiezione di coscienza nell’Italia repubblicana. Due opere in due momenti differenti: apparentemente una il seguito dell’altra; tuttavia, diverse per i momenti storici in cui sono prodotte. Vale la pena di riproporle ora, mentre l’escalation militare sta subendo un’impennata senza precedenti, non solo in Europa ma in tutto il mondo.

1 L’espressione «nobile rifiuto» è, per antonomasia, spesso associato all’obiezione di coscienza, ma la sua origine non è
attribuibile a una singola persona. Esplorando la storia dell’obiezione di coscienza si comprendono le ragioni che hanno
contribuito a coniare questa definizione.

Sergio Albesano

Secondo Sergio Albesano, storico della Nonviolenza «L’obiezione di coscienza non deve essere finalizzata alla salvaguardia della propria integrità intellettuale, filosofica o religiosa, poiché ciò ne rappresenta soltanto un momento. Così come deve essere fase intermedia, e non scopo, il riconoscimento della propria opzione di coscienza. L’obiezione non deve servire per affermare il diritto soggettivo di chi obietta, ma il diritto che l’azione cui si obietta andrebbe a violare. In pratica: chi obietta e si rifiuta di sparare non lo deve fare tanto per affermare il proprio diritto a non sparare, anche se ciò è fondamentale, quanto il diritto di vivere di colui contro il quale avrebbe dovuto sparare». In www.showlandnews.com, 14 marzo 2025.
2 LABBATE, 2022, pp.17, 18.


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